Una delle prime persone a cui ho parlato della volontà di aprire una casa editrice ha esclamato: “Ma che sei matta?!”. Ho ripensato molte volte a quel momento nei lunghi mesi che mi hanno portata qui: ogni volta che sono andata dal commercialista, ogni volta che mi sono vista rallentare dalla burocrazia o dall’immancabile imprevisto.
Aprire questa casa editrice ha voluto dire misurarmi con le mie ambizioni, i miei limiti, affrontare una scelta culturale consapevole e investire in un progetto in cui credo, assumendomene tutti i rischi. Restando fermi, chiusi, non si va da nessuna parte, allora ho guardato oltre gli ostacoli e ho fatto un passo in avanti.
Il mondo ci vuole contrapposti e polarizzati, etichettati in base alle differenze e somiglianze in gruppi sempre più ristretti di sottoinsiemi. In questo contesto, parlare ai bambini, raccontare loro di multiculturalità, disabilità, differenze di genere, famiglie ritenute “non convenzionali”, è un modo per promuovere attraverso il dialogo l’identità e il pluralismo come eredità globale, oltre che come diritti fondamentali di tutti gli esseri umani. Ciò include anche la lotta agli stereotipi che ci vorrebbero tutti fatti con lo stesso stampo; ma questo oltre ad essere impossibile, sarebbe decisamente noioso e poco stimolante!
Le differenze sono il motore delle varie abilità, una porta verso altre culture, altre storie. Influenzano lo sviluppo e aiutano la mente ad aprirsi, perché più il bambino si sente rappresentato, migliore può essere nella società. Esiste un’organizzazione no-profit, We Need Diverse Books, che è stata creata per promuovere la diversità di molteplici forme nella letteratura e nella pubblicazione per bambini; nella homepage del sito si legge: “Imagine a world in which all children can see themselves in the pages of a book”, “Immagina un mondo in cui tutti i bambini possano vedersi nelle pagine di un libro”.
Non mi rimane che augurarvi buona lettura.